Questa del 12 maggio 1974 è l’ultima partita in casa del primo campionato di serie A che ritengo trionfale. Pochi, anche a Cesena, credevano inizialmente alla salvezza, invece questa era arrivata tutto sommato con una certa facilità. Una squadra, quella bianconera, davvero forte in difesa e in mediana e brava a giocare con ritmo maggiore a quasi tutte le altre compagini, Il gioco di Bersellini era semplice ma sempre propositivo e bello a vedersi. È stata una stagione esaltante in cui ce la siamo giocata con tutti, in particolare in casa dove nessuno ci dominò. Uniche pecche erano una scarsa vena realizzativa, alcuni rigori sbagliati e certe ingenuità tipiche di una formazione neopromossa.

Una mia riflessione: quello degli anni ‘70 era il vero calcio, quello che mi è restato nel cuore. Tutte le partite si giocavano in contemporanea alla domenica pomeriggio. I tifosi erano negli stadi con gli occhi al campo e le orecchie alle radioline, le maglie erano quelle storiche senza sponsor, il tifo seppur ancora un po’ ingenuo era in rapida evoluzione, a quei tempi tante trombe e tamburi, pochi gli stranieri che vedevi soprattutto nelle partite di Coppa.

In questa quindicesima e ultima partita casalinga decido di andare nel “Curvino” in una splendida giornata di sole alla presenza di oltre 15.000 spettatori. Ero affascinato dai colori della Roma e volevo stare vicino ai tifosi romanisti, (altrimenti 13 volte nel Curvone e 1 in tribuna, quella col Vicenza). Della partita poco da dire, Cesena e Roma tranquille a centroclassifica diedero vita ad un incontro corretto ben diretto dal celebre arbitro milanese Casarin. Dopo un primo tempo equilibrato, i bianconeri vanno in vantaggio con Catania su assist del solito Toschi e a pochi minuti dal termine Cera fallisce il raddoppio. Sul ribaltamento Pierino Prati con un tiro secco in semirovesciata ottiene il pareggio.

Appena uscito dalla Curva Ferrovia, vedo alcuni giovani tifosi romanisti baldanzosi che vogliono andare “a suonarcele” al Curvone. Tra questi spicca un ragazzo alto e biondo con una striscia giallorossa attorno alla fronte. Partono di corsa saranno una dozzina. Io me la prendo comoda e arrivato davanti alla “Sud” noto alcuni dei romanisti, tra cui il biondino, stesi a terra, con i ragazzi del Bar Sombrero (che conoscevo bene) che si accanivano su di loro. Una brutta scena. Poi con calma vado all’ospedale a trovare mia madre operata di appendicite che aspettava l’indomani per essere dimessa. La trovo in piedi tranquilla e dopo i convenevoli mi chiede: “Ma c’era la partita oggi?”. “Sì, perché?” rispondo. E lei ancora: “Ho visto arrivare diversi ragazzi in barella con i colori rossi e gialli…”.

Con questo 15° raccontino finisco il campionato, con la speranza di non aver annoiato nessuno. Non è stato facile ricordare episodi e aneddoti di 50 anni fa, ma sono stato agevolato da una buona memoria ben allenata da un lungo passato scacchistico.

Un saluto a tutti e sempre e per sempre Forza Cesena!

 

Marzio Magnani

Toschi e Rocca
Il gol di Catania (foto Marini)
Boranga

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