Il tecnico livornese non si rassegna alla pesante sconfitta (da Stadio)

IO, I LIVORNESI E MISTER STRINGARA

Ho fatto undici campionati di servizi vari allo stadio con il Centro Coordinamento a partire dal 1995 e la stagione 1997-98 è tra quelle che ricordo più volentieri anche se eravamo in serie C. Il 9 novembre 1997 non era una partita come le altre, arrivava l’indiscussa capolista Livorno, reduce da 9 vittorie iniziali consecutive, allenata dal bravo Paolo Stringara. Proprio lui, quell’ex bolognese che con un suo gol ci precluse la B diretta nel 1986-87 e ci condannò ad una lunga serie di spareggi, finiti per fortuna in trionfo. Quel giorno noi del servizio eravamo un po’ in confusione e invece di controllare come al solito l’accesso alle scale della gradinata lato Curva Mare, a me dissero di spostarmi dalla parte opposta, lato curva Ferrovia. Dovevamo aprire un varco per far entrare i livornesi in gradinata, considerato che il loro settore era pieno già due ore prima della gara e altri tifosi amaranto continuavano ad arrivare allo stadio. In totale credo non fossero meno di 8 mila, con decine di bandiere con la falce e il martello, tante altre con l’effigie del Che. Mai vista una tifoseria più schierata politicamente. Quelli fatti spostare in gradinata laterale erano tutt’altro che tranquilli. Un energumeno litigò con un mio collega e gli rifilò un sonoro ceffone. Se lo tenne senza replicare…

Tutti sappiamo come andò a finire con il Cesena che surclassò il Livorno per 4-0, ma per me il pomeriggio non finì lì… Come d’abitudine al termine della partita mi diressi nel piazzale interno della tribuna, interdetto ai non addetti ai lavori, dove a quei tempi veniva parcheggiato il pullman della squadra ospite. Lì c’erano i miei amici: Daniele che svolgeva servizio per la società e Marco (Bulgan) che non faceva servizio, ma che in qualche modo riusciva a passare e poi stava con noi.

IL FATTACCIO

“A un dato momento” (cit.) uscì Stringara dalla sala stampa, nero come il carbone e visibilmente infastidito per quella che non era stata una sconfitta ma un tracollo. Passò davanti al nostro terzetto di amici e all’improvviso, senza una motivazione, mi agitò davanti agli occhi quattro dita dicendo che erano ancora quattro i punti di vantaggio… Daniele pur stupito non aprì bocca, Bulgan mi fece: “Ma gli hai detto qualcosa?”. Io: “Ma no, lo guardavo solo”, poi dopo un attimo di silenzio feci la cazzata. Andai ai piedi del pullman, dove c’era Stringara che discuteva animatamente con l’autista, e a voce alta gli dissi: “Stringara! I conti li facciamo a fine campionato”. L’allenatore toscano e soprattutto l’autista chiamarono immediatamente la polizia che sgomberò il piazzale per le spicce. Io mortificato rimasi nascosto dietro ad una colonna con Parlato e Rivalta. L’avevo combinata grossa, non dovevo assolutamente permettermi un tale comportamento, considerato che indossavo la tuta del Cesena e il cartellino di riconoscimento. Infatti l’autista e Stringara avevano sostenuto che un tesserato bianconero li aveva infastiditi. Fatto partire in fretta e furia il pullman del Livorno, anche io me ne andai a casa rimuginando. Mi aspettavo di essere cacciato dal servizio allo stadio o come minimo una forte lavata di capo. Invece nessuno mi disse niente e la passai incredibilmente liscia. Gli amici del Centro Coordinamento, però, da quella volta mi chiamarono “Stringara”.

Marzio Magnani

Con un volantino il presidente del Centro Coordinamento, Giulio Benedetti, chiama il popolo bianconero alla mobilitazione per fermare la capolista
La curva Ferrovia stracolma di livornesi prima della gara
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